|
a cura di Alberto Cavaglion e Elisa Tedeschi. Milano, Franco angeli 1996, pp. 240
Questo secondo volume è dedicato a temi, personaggi, idee con l’ebraismo connessi, in un arco di tempo compreso fra il 1929 e i tardi anni ottanta. Dell’antisemitismo moderno Luzzatto dava un’interpretazione innanzitutto politica, da un lato come di uno strumento di vessazione tipico delle società totalitarie e, d’altro lato, come di una cartina di tornasole del grado di tolleranza degli uomini sedicenti antifascisti e dei partiti cui appartenevano. Fedele alla lezione di Claudio Treves, che già nel 1922 aveva vaticinato ogni forma di bassezza per un regime nato con le spedizioni punitive, Luzzatto descrive le umiliazioni cui devono sottoporsi – anche quando non è necessario – i suoi correligionari all’indomani del Concordato. Il volume restituisce per la prima volta a Luzzatto il ruolo svolto in occasione della celebre, rovente polemica di Filippo Turati con il rabbino maggiore della Comunità di Roma, Angelo Sacerdoti (1929). Accanto agli articoli scritti dopo il 1938 per “Il nuovo Avanti”, per “L’operaio italiano” e altri giornali dell’emigrazione – qui per la prima volta raccolti – questo secondo volume offre un florilegio abbastanza ampio della collaborazione alla stampa ebraica del tempo (“Israel”, “La rassegna mensile di Israel”): dopo la scoperta di un Luzzatto osservatore smaliziato della crescente ondata antisemita durante il ventennio, è la volta adesso della «scoperta» di un Luzzatto danubiano, anticipatore delle più recenti mode mitteleuropee degli ultimi anni. S’inizia con un’intervista a Martin Buber raccolta nel remoto 1930, vero incunabolo della storia della prima penetrazione delle idee di questo filosofo nella nostra cultura. Seguono poi contributi che ci parlano per la prima volta del Giobbe di Joseph Roth, dei ricordi di Arthur Schnitzler, di Max Brod, di Willy Haas, di Franz Rosezweig. |